Di satira e perquisizioni

Leggo un articolo su Punto Informatico in cui si parla di perquisizioni e sequestro di materiali ai danni della redazione del sito Savona e Ponente.

Per fortuna l’articolo è leggibile qui. E si capisce da subito che il tono è quantomeno surreale. E invece, la Digos la prende sul serio ed entra in casa della giornalista alla ricerca di armi.

Sono preoccupato.

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There’s a hole in Windows

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Car crash

E lo strano sollievo che provò quando la avvisarono che suo marito non l’aveva lasciata, ma era morto in un incidente d’auto, nessuno lo poté condividere, dopo che ,istantaneamente, si rese conto che l’aveva comunque lasciata per sempre.

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Piacere. Potere.

Il clitoride. 60mm di carne che mettono in scacco un’intera persona. Il piacere che paralizza. Brividi. Contrazioni. Il respiro che accelera, la temperatura che sale, il cervello che corre veloce. Perdi l’uso della parola, tutto il corpo diventa improvvisamente una tavola ricettiva, ogni dito che ti sfiora ti sconvolge. Ondate di calore a ritmo crescente, scosse elettriche che penetrano dritte nel cervello. Il piacere diventa un bisogno. Ogni volta che il contatto si interrompe, ogni secondo di distacco il tuo corpo si tende, alla ricerca disperata del piacere. Il climax contrae il tempo. E vuoi che il tempo si fermi in quel preciso istante di piacere e insieme ne vuoi ancora di più. L’orgasmo è insieme il traguardo che brami di raggiungere e il momento che vorresti ritardare il più possibile, per godere sempre più del crescendo di piacere che ti inonda dal ventre.
Una mano, due dita, sono sufficienti a possedere un corpo. Il rapporto di dipendenza è così forte che diventi padrone di un’altra persona. Decidere il ritmo del suo piacere, il limite a cui portarla, all’estremo di fermare tutto all’improvviso, senza possibilità di contrattazione. Un’arte marziale, che assegna potere di vita e di piccola morte.
Immagina un potere che scoprisse il piacere. Immagina la pervasività di un controllo capace di penetrare in profondità, fino ai recessi più antichi del tuo sistema nervoso: un impianto elettronico attivabile a distanza che scateni ondate di piacere selettive e regolabili. Non più un potere che punisce, ma un potere che premia. Se fai quel che ti dico, godrai come mai hai goduto prima, se disubbidisci sarai condannat* all’apatia, all’assenza di sensazioni, all’anedonia. Immagina qualcosa di più irresistibile di un piacere improvviso che ti inonda, senza che tu ne abbia il controllo: una frustata che scuote il corpo, che paralizza la mente, che crea dipendenza. Come si può resistere al piacere? Immagina una sommossa repressa con un orgasmo collettivo, immagina uno sciopero tramutarsi improvvisamente in un’orgia solipsistica. La coscienza di classe dissolta in un brivido, una massa coesa che si tramuta all’istante in una distesa infinita di singoli corpi egoisti.
Riusciresti ad odiare un potere così? E se anche lo odiassi, riusciresti a farne a meno?
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mistico

L’esistenza umana, per essere completa, necessita di un atto di fede. L’amore è un atto di fede. Ma non è necessario amare qualcun altro per sentirsi bene. Anzi, è sempre pericoloso affidare se stessi a qualcuno, quando non si è capaci di bastare a sé.
Riconoscere se stessi come unità è un atto di fede, al pari del credere in Dio o chi per lui. Non è religione, giacché la religione è la negazione pratica della fede, fatta di regole e di rituali di confermazione e di sanzioni per i trasgressori. Non a caso, i mistici sono coloro che fuggono dalle chiese per dedicarsi totalmente alla ricerca dell’unità.
E’ necessaria una ricerca mistica verso noi stessi, la ricerca di unità che ci permetta di non avere paura di noi, per non averne degli altri.
Molto spesso il nostro donare agli altri è fatto per vedere noi stessi in loro, nella loro riconoscenza riconoscere la nostra bellezza, quella a cui però non riusciamo a credere da soli. Spesso razionalmente riconosciamo i nostri pregi, ma è nel profondo, nell’intimo della nostra essenza, che ci chiudiamo la strada ad un riconoscimento sincero. Non abbiamo fede in noi, e ciò ci condanna ad una affannosa e costante ricerca di conferme, ci condanna a donare noi stessi, ma a farlo egoisticamente per il bisogno di brillare della luce riflessa donataci dal nostro prossimo.
Quanta fatica ci vuole a riconoscere in quel riflesso la nostra luce? E’ difficile, ma necessario arrivare a comprendere che è fondamentale per la nostra esistenza renderci consapevoli della nostra luce, divenire noi stessi il sole del nostro sistema.

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Noi

Noi siamo noi, è facile capirlo

E’ difficile esserlo

Noi soffriamo al lavoro

Noi non riusciamo ad avere capi, padroni, principali, titolari. Non ci riusciamo.

Noi non crediamo nel futuro, perché aspettiamo la catastrofe

Noi non crediamo nel passato, perché non c’eravamo

Noi abbiamo bisogno di tempo

Noi abbiamo bisogno di spazio

Noi non facciamo quello che dobbiamo

Noi facciamo quello che possiamo, quello che vogliamo, quello che sappiamo.

Che, a fare i conti, è tre volte tanto.

Noi ci apparteniamo e non ci possediamo

Noi ci vogliamo e ci teniamo

Noi non vogliamo dimostrare

Noi non vogliamo educare

Noi crediamo in qualcosa a cui non abbiamo ancora dato un nome

La nostra unica lotta è per continuare ad esistere

Per noi

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ciò – adesivo per un Veneto Antirazzista

In risposta al serioso simbolo dell’iniziativa Veneto Libero dal Razzismo, è sceso in campo nientemeno che il compagno Carl Carlson di Springfield! E ciò!

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appropriazioni unilaterali

"Per questo motivo riteniamo che la distinzione tra leggi "buone" e leggi "cattive" vada inserita su un piano di discussione differente e, per chi vuole, parallelo rispetto a quello portato avanti qui. Che è quello di una soddisfazione unilaterale dei propri bisogni di privacy e di libertà individuali, che non passa attraverso i meccanismi della rappresentanza democratica, dei partiti, delle leggi, dei giudici e dei poliziotti. Abbiamo parlato di "bisogni" di privacy e di libertà, non di diritti, perchè troppo spesso ci si riduce a vedersi elargiti i propri "diritti" da qualche magnanimo sovrano (più o meno democratico a seconda dei casi). Con questo libro proponiamo invece una serie di strumenti con cui privacy e libertà personali, limitatamente al ciberspazio (ma è ovvio che ci piacerebbe veder esteso questo principio anche altrove), diventano appropriazioni individuali unilaterali".

Tratto da Kriptonite

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Sospensione del giudizio

Lavorare in un’azienda ci costringe almeno in parte ad una sospensione del giudizio.
Come (e soprattutto in che misura) conciliare la propria visione critica del sistema con la ricerca di accettazione sociale sul posto di lavoro?
Credo che la maggior parte delle persone, come detto sopra, semplicemente sospenda l’attività critica: in qualche modo entrano in uno stato alterato di coscienza, nel quale muta bruscamente l’universo valoriale di riferimento.
Prova ne sono le relazioni tra colleghi, il più delle volte ben circoscritte e delimitate ai luoghi e agli orari di lavoro. Estendere una relazione amicale con un collega al di fuori degli spazi e tempi canonici è per molti uno sforzo immane, un gesto sicuramente critico (che genera crisi), che spesso comporta riflessioni prolungate e assunzione del rischio di disapprovazione da parte del resto del gruppo.

Fuori dal lavoro siamo delle altre persone, e non è detto che vogliamo farci conoscere dai nostri colleghi.

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Cose importanti da dire

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